LA REGIA TEATRALE
TEATRO 1976/1982
prove d’immoralità, a spasso con dioniso…
La compagnia Teatroinaria è una realtà rilevante della scena italiana, una realtà riconosciuta e accettata in tutte le sedi. Ma non è stato così all’inizio e non solo perché si trattava di un gruppo sperimentale formato da giovanissimi. La ragione era un’altra: il gruppo diretto da Alessandro Berdini proponeva una sperimentazione di tutt’altro segno da quella vincente alla metà degli anni settanta. Chi scrive è stato testimone del primo spettacolo di Berdini, quel “Trasparenze” (1976), spesso citato dagli addetti ai lavori, ma che pochissimi hanno visto, che aveva in nuce gran parte del suo lavoro scenico successivo. “Trasparenze” era un evento che coniugava il dinamismo dell’avanguardia storica, scoperto da tutti i nuovi sperimentatori, con una ricerca – del tutto controcorrente in quel momento – di un teatro rituale e mitico, che aveva come punti di riferimento principali non tanto il citatissimo Antonin Artaud quanto Mircea Eliade, allora considerato da noi con sospetto… L’Eliade che influenzava Berdini era l’Eliade dello sciamanesimo e del magico, del mito concepito come rivelazione del sacro. Il Nietzsche che lo intrigava era quello secondo il quale solo l’arte può trasfigurare la bellezza e rendere accettabile quanto di problematico, se non di tragico, esiste nella vita umana. “Trasparenze” era un evento che, nello spazio magico della Villa del Curato, coinvolgeva il pubblico in una atmosfera realmente misterica, creata da un linguaggio teatrale di trasparente polivalenza. Né si può dimenticare che lo spettacolo si avvaleva delle suggestioni di quell’Howard Philips Lovecraft, oggi riconosciuto come un maestro della letteratura visionaria del novecento, ma che allora era guardato con sospetto per ragioni ideologiche del tutto prive di fondamento. Un risultato ancor più sorprendente fu raggiunto da Berdini nel suo terzo spettacolo, “La via umida o il mistero di Eleusi” (1978), che resta, a mio avviso, uno degli esiti più alti della sua attività negli anni settanta. In esso, Berdini riuscì a trovare una perfetta sintesi tra suggestioni rituali, mitiche e antropologiche, espresse dal viaggio di Kore nell’Ade, e un linguaggio scenico che del mondo eleusino trovava i gesti e la visione. Uno spettacolo rituale del tutto diverso dal ritualismo esteriore e scenografico allora di moda in tanto di sperimentazione e non. In una direzione simile, ma con un linguaggio meno articolato e più conciso, si muoveva “Una vecchia fotografia di un cavallo a dondolo” (1979), che tentava con successo di rappresentare l’essenza mistica e metafisica di alcuni frammenti di Novalis, il grande e inquietante poeta romantico attratto dallo Spirito che attraversa la Realtà. Dopo tre spettacoli che avevano il segno di una ricerca assai originale culturalmente, ma anche risolta scenicamente, Berdini ebbe l’occasione di sperimentare il suo discorso in uno spazio assolutamente inedito: i bastioni di Carlo V di Gaeta. Il rischio era quello di un evento condizionato dalla necessità di teatralizzare un monumento storico, ma fu evitato con il ricorso a una sorta di dialettica fra teatro totale e cultura cosmica. Anche in questo caso giocava un ruolo tutt’altro che secondario un autore, Thomas Mann, assai caro a Berdini, ma, in quel momento, trascurato o comunque ridimensionato dalla cultura egemone. L’eccezionalità spaziale de “La montagna parla” (1979) di Gaeta si trasformava ne “Il banchetto dell’immortalità” (1979), ispirato alle atmosfere dello scrittore austriaco Gustav Meyrink (l’inventore di questo straordinario romanzo, saccheggiato anche dal cinema espressionista, che è Golem), in un’indagine audace nei territori impervi e rischiosi del sogno e del risveglio. Indagine audace non solo per i risultati cui approdava, ma anche perché, ancora una volta, riguardava un autore come Meyrink inviso agli intellettuali organici che detenevano il potere culturale. D’altra parte, l’audacia e la spregiudicatezza erano di tutta la linea culturale del Teatroinaria, che si dichiarava per un “teatro metafisico” nel momento in cui esplodeva o continuava ad esplodere un ideologismo di segno assolutamente opposto. Che Berdini e i suoi compagni, Carlo Paini e Maria Teresa Imseng primi fra tutti, avessero seminato bene inoltrandosi su un terreno quasi vergine nel nostro paese, lo dimostrano gli appassionati dibattiti suscitati a Roma nell’estate del 1980 da ‘Panico circolare’, intrigante e sottile ricerca sulle metamorfosi di Pan, liberamente ispirata al già classico “Saggio su Pan” di James Hillman. Un discorso antropologico con il dinamismo dell’azione teatrale, che riconduceva “Panico circolare”, pur in un contesto diverso, a certe immagini e intuizioni di “Trasparenze”. Antropologia, movimento, teatro totale e teatro cosmico si ritrovavano, infine, singolarmente fusi nei due ultimi spettacoli di Berdini di questa prima fase della sua attività: “Vecchi vicoli raccontano” (1980), incursione nelle leggende popolari del Lazio, soprattutto in “Visioni diaboliche”, dal sottotitolo Napoli arcaica e moderna, presentato in forma definitiva alla Biennale Teatro di Venezia nel 1982, che è un po’ il sigillo di tutta un’esperienza culturale, prima che scenica, con quel Pulcinella concepito come materializzazione di un archetipo diabolico. Un evento che concludeva insieme un ciclo e ne apriva uno nuovo, quello caratterizzato dalla multivisione. Giovanni Antonucci.
TEATRO 1981/1989
( hesse, céline, borges, pessoa, kafka, dostoevskij…)
Caro Sandro, sono qui davanti al foglio bianco come uno studente svogliato che non si decide ad iniziare il suo compito. Il compito in questo caso me l’hai dato tu e perciò adesso un po’ ti odio, sei il mio aguzzino. Cerco di bloccare l’attenzione, di rileggere i materiali e le copie di articoli che sono usciti sui tuoi spettacoli, ma non ne cavo un ragno dal buco. Che cosa pretendi, che ricominci ancora una volta a parlare di drammaturgia del movimento o di atmosfere letterarie? O di alterazioni del quotidiano? O di ardite spedizioni nel mondo analogo della scrittura senza il salvagente del copione? Mi annoio, mi distraggo, comincio a fare scarabocchi e disegnini sul bordo della pagina. Soprattutto mi viene un’idea, dico una, che sia compatibile con il tuo modo sbrigativo di far teatro che non passa attraverso troppe speculazioni e fatiche di tavolino. Nonostante il tuo dichiarato e conclamato amore per la letteratura. Allora mi chiedo: perché non cominciare proprio di qui, da questo paradosso? Perché non dire che di libri si può parlare sulla scena anche rendendo soltanto un distillato degli umori, un particolare ingrandito della biografia dell’autore, un frammento pescato fortunosamente “a caso” nel Vaso di Pandora del libro-copione o rubato da qualche felice stralcio critico? Perché rimanere doverosamente nei limiti angusti del tema, senza mai scantonare andando avventurosamente “fuori tema”? Perché allinearsi e alienarsi con le tramine da Bignami? Già, perché? Ho appena finito di mettere sulla carta questa bella serie di domande retoriche a tuo favore che sento qui nell’orecchio destro la vocina nasale del Grillo Parlante pronta a ricordarmi che certe operazioni originate dal teatro d’immagine e dagli intrecci multimediali o neospettacolari della postavanguardia romana, ormai si sa, rischiano di far svaporare in fumisterie e seduzioni di superficie l’opera con il suo autore. Io stesso ricordo di averti mosso delle critiche simili a proposito del tuo “Albergo Occidentale”, l’accogliente “jescivah” ebraica e mitteleuropea illuminata da candelieri e lampade a olio dove in una suggestiva penombra chagalliana avevi fatto sedere gli spettatori insieme al giovane Kafka e alla sua fidanzata, più che altro epistolare, Felice Bauer. Eppure a distanza di anni quel sortilegio teatrale, quel teatro di posa ricostruito alla Piramide per evocare l’educazione sentimentale di Kafka come in una cartolina spedita dalla Praga Magica di Ripellino continua ad intrigarmi. Mi sembra uno spaesamento propiziatorio, un invito a sognare ad occhi aperti, a mettersi in viaggio allontanandosi con la fantasia dalle pagine del libro che, ancora oggi, raccoglierei e ripeterei volentieri. A pensarci, collegando uno accanto all’altro i tuoi spettacoli, insieme alla costante letteraria e alla scelta di autori inclini alle aperture fantastiche, visionarie, torna, anche nei titoli, un atteggiamento tipico dei romantici che li portava ad intraprendere lunghi viaggi sulla scorta delle loro letture, a mettersi si direbbe oggi “on the road” usando come unico “baedeker” autorizzato la collanina degli autori prediletti, Così hai accompagnato un Céline reso impassibile da una maschera bianca da clown nel suo “Viaggio al temine della notte” sullo sfondo listato a lutto di un paesaggio terremotato, una sorta di ballo Excelsior da girone infernale attraversato dai clochard, ultimi gaudenti alla deriva, ballerine di quart’ordine spiate dall’occhio di un cavallo impazzito dal terrore, l’occhio-faro spalancato sull’apocalisse di Guernica. Oppure: da buon cartografo dello spazio letterario, hai tracciato sulla tua mappa una “latitudine Borges” e una “longitudine Pessoa” prenotando per Maria Teresa – Alice, in quell’inesistente località che è la Borgeslandia visitata “Ad occhi chiusi”, una stanza labirintica nell’Hotel Minotauro. Rischiando di perderti, ma anche di scoprire in questo tuo periplo fra stanza d’alberghi monologhi, e destini incrociati dalla scrittura, talvolta, le tracce e il profumo di un “teatro di poesia”. Buon viaggio … Nico Garrone.
Definisco insincere le cose fatte per epaté sia quelle (si noti bene, è importante) che non contengono una fondamentale idea metafisica; attraverso le quali cioè non passa, neppure come un soffio, una minima nozione di gravità e del mistero della vita. Per quanto concerne le opere dei miei eteronimi, si tratta di cose sentite in altrui persona, cioè scritte drammaticamente, e sono cose sincere (nel mio senso profondo della parola, nel senso profondo che io do alla parola), come è sincero ciò che dice Re Lear, che non è Shakespeare ma una sua creatura… È una nota tratta dal diario di Pessoa, come rivela Antonio Tabucchi che sul programma di sala del nostro spettacolo aggiunge: Così scriveva Fernando Pessoa in una nota del suo diario. L’autore di quest’opera poetica a più voci, di questo immenso «dramma in gente» (sono parole sue), cioè di un dramma nel quale ci sono solo i personaggi mentre mancano l’intreccio e il palco, definiva in tal modo la sua teatralità, ponendosi, più che come poeta, come palco interno di se stesso: come luogo nel quale avveniva lo spettacolo della sua poesia.
Questo teatro imploso, questo teatro ambulante, non poteva non imbattersi in un vero palco. Oggi Pessoa sale sul palco non come autore, ma con un ruolo che più gli si addice: come protagonista.
Questo teatro nel personaggio che si ribalta alla ribalta in personaggio di teatro, è come un cerchio che si chiude, una soluzione inevitabile. Ma, contemporaneamente il cerchio si riapre su nuove prospettive e su nuove riflessioni che l’eteronimia implicitamente ci aveva posto: qual è il luogo della finzione e della verità, dove è il confine che separa il teatro dell’immaginazione dal teatro della vita?… Antonio Tabucchi.
L’Idiota non è un adattamento né una riduzione, ma il tentativo di mettere in chiave scenica un testo nato per la letteratura. Del lavoro di Dostoevskij sono stati salvati alcuni brani, lasciati interi per l’interpretazione teatrale, per lo sforzo, non tanto di aver scoperto un testo, quanto di aver «messo in musica» brani di letteratura di Dostoevskij. La prova teatrale quindi è altamente affascinante quanto riesce ad entrare nel gioco di una rappresentazione che ambisce a non essere teatrale, ma fortemente e rigorosamente fedele a quelle scritture di Dostoevskij. Ciò che i personaggi dicono è ciò che in letteratura scrive Dostoevskij, quindi è un gioco sperimentale nel vero senso della parola ed è una grande sorpresa, penso, non soltanto per me, lettore particolare, quanto di tutti gli spettatori che assisteranno alla rappresentazione del lavoro. Possono dei personaggi letterari divenire sulla scena degli elementi di verità? Credo che in questo consista la scommessa mia in quanto trascrittore del lavoro letterario, e la scommessa degli attori in quanto trasmettitori esatti dell’azione teatrale. Giuseppe Bartolucci.
TEATRO 1990/2013
Con i drammaturghi, garrone, grande, manacorda, cordelli, ruffini, nattino, archibugi, fallai…
Con gli anni novanta artisticamente Berdini inizia una nuova fase, legata all’esigenza di un teatro-teatro in cui mette da parte la scrittura performativa e lavora a testi propriamente teatrali ed ecco Pasqua di Strindberg nella versione di Nico Garrone, in due diverse edizioni, la prima a Taormina nell’estate 1991 e nel 1992 a Roma, al Teatro delle Arti. Sempre con Nico metterà in scena qualche anno più tardi un bel lavoro dal titolo Nero di Luna sulle tracce di Tommaso Landolfi. Il Don Giovanni ovvero l’amore per la geometria di Max Frisch è rappresentato per la prima volta nell’aprile del 1991, adattato da Maurizio Grande. Per tutto il decennio, gli spettacoli diretti da Berdini sono accompagnati dalla figura del drammaturgo. Ma non perde mai di vista le lezioni di Artaud, per lui è un’esigenza forte, è il “non luogo” che appartiene a tutti noi, “ferita dell’individuo sradicato dal cosmo e dalla società” – come ha scritto Maurizio Grande – che è l’autore di una straordinaria Lettera a Antonin Artaud teatralizzata da Alessandro Berdini e interpretata da Alberto Di Stasio. Con Maurizio Grande collabora assiduamente dal 1990 al 1996, con la così detta trilogia facile, di cui è uscita una meravigliosa pubblicazione per la casa editrice Bulzoni che raccoglie i testi e i materiali degli stupefacenti anni del teatro di ragionamento; oltre alla Lettera ad Antonin Artaud nel 1996, l’ultimo della trilogia, Empedocle Tiranno nel 1994e Shylock e Faust nel 1995. Di Franco Cordelli, Berdini mette in scena due testi: Arancio e Pessimi custodi che dell’autore, più romanziere che drammaturgo, esaltano l’esercizio del pensiero e la conversazione arguta. Del resto Berdini, dopo la lunga esperienza con Grande, non ha mai disdegnato un teatro di pensiero e già i precedenti lavori scritti appunto da Maurizio Grande lo avevano portato a cimentarsi con la meditazione filosofica e il teatro d’idee. In Arancio nel 1997di Franco Cordelli, riscrittura del diario di Goethe, inviato di guerra a Valmy, l’idea registica è stata quella di costruire un grande campo polisportivo dove otto attori in abiti settecenteschi si contenderanno il primato della vittoria, in una battaglia di parole che esorcizza la realtà della guerra e allontana il fantasma della morte. Con Pessimi custodi nel 1998 Berdini ambienta la commedia in un cubo sbilenco, dove si consuma un menage a tre e si scopre il nuovo talento di Sandra Ceccarelli. Agli inizi del 90 Berdini passa il testimone della regia ad Alberto di Stasio che mette in scena due piccole perle: Il Pellicano di Strindberg nel maggio del 1990 con una strepitosa Maria Teresa Imseng e Senhal nel novembre sempre del 1990 dal poemetto di Zanzotto con un superlativo Nicola d’Eramo. Al teatro delle Arti di Roma Berdini – Pontani – Rigoni si esibiscono nel gennaio del 1992 in una performance prendendo spunto dai versi Stanze per la morte del padre del poeta J.Manrique. Grande successo e per chi l’ha visto, una serata unica, diversa, con i fiocchi, piena di meraviglie e di comicità. Così si arriva a Cechov, tappa obbligata di un percorso d’avanguardia che guarda indietro per andare avanti ed ecco Per tre sorelle scritto da Franco Ruffini, uno splendido omaggio a Stanislavskij e ai grandi registi del Novecento. Una regia coraggiosa e limpida che alterna naturalezza e sapienza a una poetica di trasognate malinconie. Da anni la bellissima collaborazione con Luca Damiani, il suo musicista personale, secondo Berdini uno dei più colti ed esperti musicali di tutti i generi. A maggio del 2000 al Piccolo Teatro Eliseo di Roma è la volta di Non sono mai stato così come ora mai così adolescente, un appassionante tableau dedicato a Cesare Pavese con la drammaturgia di Luciano Nattino, interpretato magnificamente da Lucia Nigri e Luigi Rigoni; dal vivo l’ensemble musicale diretto da Laura Simionato. Con Luca Archibugi, amico di lunga data, produce Edipo di Spinaceto, uno scoppiettante e divertente spettacolo, che riscontra un grande successo nel Febbraio del 2005 al teatro La Cometa Off per l’iniziativa Liberi Esperimenti Teatrali, un’interessante rassegna sul contemporaneo, che per tre anni Berdini ha realizzato insieme al circuito. Poi è la volta della tetralogia 2008/2013 insieme al giornalista Paolo Fallai. La trilogia è in libreria con il libro edito da Editoria & Spettacolo Una trilogia d’amore (Nella mia borsa non c’è campo, La madre, Una lontana fedeltà). La prima fatica è stata Emilia Galotti, un film e uno spettacolo teatrale, un lungo lavoro dal 2008 al 2010; il primo proiettato alla Biennale di Venezia, il secondo rappresentato al Teatro India di Roma. Su questo progetto Alessandro Berdini e Paolo Fallai hanno prodotto una bellissima pubblicazione edita dalla casa editrice Bibliotheca Aretina nel dicembre del 2010…
TEATROGRAFIA 1974-1979
“Asss… un Cabaret dell’assurdo” – Teatro Le Alabarde – Roma 1974
“Improvvisazioni a 10 voci” – Teatro Cerchio Occupato – Roma 1975
“Dal mio più bel quadro” – Teatro Cerchio Occupato – Roma 1975
“Trasparenze” da H.P. Lovecraft – Teatro Cerchio Occupato – Roma, 1976
- Esperimento di teatro in movimento da un’idea di H.P. Lovecraft di Carlo Paini, scene di Riccardo Bernardini, musiche di Alessandro Borsatti, regia di Alessandro Berdini, con Roberto Baiocchino, Donatella Ballerini, Anna Bruno, Sissi d’Amico, Stefano Di Molfetta, Nunzia Fiorini, Anna Hankinson, Maria Teresa Imseng, Dario Nardo, Giancarlo Pomponi, Paola Casale, Silvio Vannucci.
“Clown’s Ring”, “La scatola del clown”, “Attenzione i clowns” 1976/78
“La via umida” – Teatro Garage – Festival Formello, 1978
- Ricerca di Carlo Paini, regia di Alessandro Berdini, musiche di Alessandro Borsatti, con Roberto Baiocchino, Giancarlo Pomponi, Stefano Di Molfetta, Maria Teresa Imseng, Sissi d’Amico, Maria Pia Garutti, Silvie Harold, Aldina Silvestri, Silvio Vannucci.
“Una vecchia fotografia di un cavallo a dondolo” – da Novalis – Roma 1979
- Dai Frammenti di Novalis, ricerca di Carlo Paini, regia di Alessandro Berdini, musiche di Alessandro Borsatti Galleria Alzaia, con Roberto Baiocchino, Maria Teresa Imseng, Dario Nardo e Giancarlo Pomponi.
“La montagna parla” da Th. Mann – Bastioni di Carlo V – Gaeta, 1979
“Il banchetto dell’immortalità” da Meyrink Estate Romana 1979
- Drammaturgia dei corpi di Carlo Paini, musiche di Alessandro Borsatti, regia di Alessandro Berdini con Roberto Baiocchino, Giancarlo Pomponi e Maria Teresa Imseng.
1980/1989
“ Panico Circolare” – Villa Pamphili/Teatro di Roma – Roma, 1980
- Sulle metamorfosi di Pan. Ricerche di Carlo Paini. Con Roberto Baiocchino, Stefano Di Molfetta, Maria Teresa Imseng, Giancarlo Pomponi. Regia di Alessandro Berdini
1980, maggio, Panorami astrali, performance su William Blake, Roma Galleria Futura
1980, luglio, Vecchi vicoli raccontano, performance tra le case di Sperlonga
“L’ultima estate di Klingosor” da H. Hesse – La Piramide – Roma, 1981
- Ricerca di Carlo Paini e Alessandro Berdini. Allestimento scenico e multivisivo di Agostino Milanese, Tiziana Piccone, Sergio Ciarlo, Sebastiano Rendina. Con Roberto Baiocchino, Maria Teresa Imseng, Stefano Di Molfetta, Giancarlo Pomponi.
“Notte angolare” sul teatro totale multivisione, scena, orchestra, Roma 1981, Piazza della Minerva
“Visione diaboliche” – La Biennale – Venezia, Chiesa di San Lorenzo Febbraio 1982
- Multivisione e allestimento scenico di Agostino Milanese e Tiziana Piccone, musiche eseguite dal vivo da Giovanni Cristiani, Ludovico Fulci, Aldo Vicorito, con Roberto Baiocchino, Maria Teresa Imseng, Stefano Di Molfetta, Giancarlo Pomponi e Patti Vailati.
“Francesco, viandante” – Ottobre – Assisi, Basilica di Collemaggio 1982
“Atlantide” performance sul romanzo di Pierre Benoit, Lanuvio, 1982
“Viaggio al termine della notte” da Louis Ferdinand Céline – La Piramide – Roma, 1983
- Progetto di teatro multimediale di Carlo Paini e Alessandro Berdini. Scene costumi e multivisione di Agostino Milanese e Tiziana Piccone. Con Anna Maria Artale, Ivan Fodaro, Maria Teresa Imseng, Simona Simonazzi. Regia di Alessandro Berdini.
“Lancillotto e Ginevra” di Mario Moretti – La Piramide – Roma, 1984
- Progetto teatrale di Alessandro Berdini e Carlo Paini. Scene e costumi di Franco Berdini. Con Aldo Reggiani, Raffaella Azim, Ivan Fodaro, Maria Teresa Imseng. Regia di Alessandro Berdini.
“Ad occhi chiusi” da J.L.Borges – La Piramide – Roma, 1985
- Latitudine J. Luis Borges. Progetto di teatro multimediale di Alessandro Berdini e Carlo Paini. Allestimento multivisivo di Agostino Milanese, Tiziana Piccone. Con Silvana Barbarini, Rita Cioffi, Virginie Daenekyndt e Maria Teresa Imseng. Regia di Alessandro Berdini.
“L’altra insonnia” da Pessoa – CRT, Teatro dell’Arte – Milano, 1986
- Progetto di teatro multimediale di Alessandro Berdini e Carlo Paini. Immagini e allestimento multi visivo di Agostino Milanese, Tiziana Piccone, Sergio Ciarlo, Luisa Taravella, scene e costumi di Beatrice Scarpato. Con Silvana Barbarini, Maria Teresa Imseng, Giancarlo Pomponi e Giovanna Summo. Regia di Alessandro Berdini.
“Albergo occidentale” da Kafka – La Piramide – Roma, 1987
- Inseguendo Kafka. Scene immagini e costumi di Agostino Milanese e Tiziana Piccone. Regia di Alessandro Berdini. Con Claudio Di Segni, Gabriella Fellus, David Gerbi, Rita Luzon, Mauro Negrini, Raffaele Pace, Giancarlo Pomponi, Dorina Raccah, Gloria Sapio, Patrizia Sereni.
“Il silenzio delle sirene” da Kafka – Teatro Trianon – Roma 1988
- Inseguendo Kafka. Drammaturgia di Giorgio Manacorda. Regia di Alessandro Berdini. Scene di Edwin A. Francis. Musiche di Paolo Modugno. Con Alberto di Stasio, Maria Teresa Imseng, Memo Dini, Gloria Sapio e Enrica Rosso.
“L’idiota” drammaturgia Giuseppe Bartolucci – La Piramide- Roma, 1989
- Scene di Edwin A. Francis, costumi di Susanna Monacelli, musiche di Luca Damiani, regia di Alessandro Berdini, con Nicola D’Eramo, Alberto di Stasio, Maria Teresa Imseng, Enrica Rosso.
Il Giardino dei Miraggi antologia per attore e multivisione 1989
- Da Hesse, Céline, Borges, Pessoa e Kafka, ideazione di Alessandro Berdini, Agostino Milanese, Tiziana Piccone, con Alberto di Stasio, Maria Teresa Imseng, Giancarlo Pomponi, Enrica Rosso, Giovanna Summo. Roma, Teatro Colosseo.
1990/1999
“Don Giovanni” di M. Frisch / Maurizio Grande – Teatro delle Arti – Roma, 1991
- Scene e costumi di Edwin A. Francis e Susanna Monacelli, musiche di Luca Damiani con Alberto di Stasio, Nicola D’Eramo, Gianluigi Pizzetti, Maria Teresa Imseng, Enrichetta Bortolani, Enrica Rosso, Francesca Spinotti
“Pasqua” di Strindberg / Nico Garrone – Taormina Arte – Taormina, 1991
- Versione di Nico Garrone. Scene di Edwin A. Francis. Musiche di Luca Damiani. Impianto fonico Sergio Ursita, progetto luci di Antonio Longo e Patrick Latronica. Con Maria Teresa Imseng, Alberto di Stasio, Lisa Ferlazzo Natoli, Enrichetta Bortolani, Alessandro Baldinotti, Nicola D’Eramo, Elena Viani.
“Stanze per la morte del padre” di J.Manrique – Teatro delle Arti – Roma, 1992
- Con Guidarello Pontani, Luigi Rigoni, Alessandro Berdini. Scene di Marco Astolfi, musiche di Luca Damiani, regia di Alessandro Berdini.
“Nero di Luna” di T. Landolfi/Nico Garrone – Teatro Nuovo – Napoli, 1992
- Con Nicola D’Eramo, Maria Teresa Imseng, Daniela Coelli, Luigi Rigoni. Regia di Alessandro Berdini.
“Empedocle Tiranno” di Maurizio Grande – Spazio Uno – Roma, 1994
- Scene di Lorenzo Ciccarelli, multivisione di Agostino Milanese e Tiziana Piccone. Musiche di Luca Damiani. Allestimenti fonici di Sergio Ursita e Antonio Longo. Maschere di Pietro Simonelli. Con Maria Teresa Imseng, Ugo Margio, Guidarello Pontani, Luigi Rigoni e Franco Senica.
“Shylock e Faust” di Maurizio Grande – Teatro Vascello – Roma, 1995
- Scene e costumi di Edwin A. Francis, luci e suoni di Patrick Latronica e Antonio Longo, musiche dal vivo eseguite da Alessandro Pizzin, Alessandro Bedendo e Roberto Scarpa. Con Alberto di Stasio, Luigi Rigoni e Paola Rinaldi. Regia di Alessandro Berdini.
“Lettera ad A. Artaud” di Maurizio Grande – Teatro Piccolo Eliseo – Roma, 1996
- Con Alberto di Stasio. Regia di Alessandro Berdini.
“Arancio” di Franco Cordelli – Teatro Vascello – Roma, 1997
- Scene di Lorenzo Ciccarelli. Costumi Eva Coen. Musiche di Luca Damiani, luci di Patrick Latronica. Con Gianni Caruso, Nicola D’Eramo, Alberto di Stasio, Giorgio Ginex, Ugo Margio, Alessandro Pala, Guidarello Pontani e Luigi Rigoni. Regia di Alessandro Berdini.
“Pessimi custodi” di Franco Cordelli – Teatro degli Artisti – Roma, 1998
- Scene di Lorenzo Ciccarelli, costumi di Eva Coen, musiche di Luca Damiani, luci di Ugo Vignola. Con Giorgio Ginex, Emanuela Villagrossi, Sandra Ceccarelli Glaserfeld. Regia di Alessandro Berdini.
“Per tre sorelle” di A. Cechov/F. Ruffini – Teatro Tenda – Roma, 1999
- Teatroinaria, diretta da Maria Teresa Imseng, presenta “Per tre sorelle”, sceneggiatura da Anton Cechov di Francesco e Franco Ruffini, regia di Alessandro Berdini. Con Fabio Alessandrini, Cristiano Arni, Gianni Caruso, Raffaele Castria, Nicola D’Eramo, Daniela Di Loreto, Monica Rametta, Luigi Rigoni, Mafalda Valle e Stefano Vercelli. Scene Lorenzo Ciccarelli, Musiche Luca Damiani, Costumi Loredana Buscemi.
2000/2013
“Non sono mai stato così vivo come ora…” omaggio a Cesare Pavese, di Luciano Nattino, Teatro Piccolo Eliseo, Roma, 2000
“Edipo di Spinaceto” di Luca Archibugi – Cometa Off – Roma, 2005
- Con Almerica Schiavo, Alberto di Stasio, Cecilia e Virginia Taddei. Scene di Lorenzo Ciccarelli. Regia di Alessandro Berdini.
“Nella mia borsa non c’è campo” di Paolo Fallai – Ventotene, 2008
- Con Paola Rinaldi, Francesca Fava e Massimo Delle Cese (chitarra). Regia di Alessandro Berdini.
“Emilia Galotti” di G.E. Lessing / Paolo Fallai – Teatro India – Roma, 2010
- Con Elettra Mallaby, Paola Rinaldi, Alberto di Stasio, Daniele Griggio, Francesco Acquaroli, Anna Basti. Scene e costumi di Lorenzo Ciccarelli. Regia di Alessandro Berdini.
“La Madre” di Paolo Fallai – Teatro Vascello – Roma, 2012
- Scene e costumi di Lorenzo Ciccarelli e Ilaria Carannante. Luci di Danilo Facco. Truccatore Andrea Marchi. Con Paola Rinaldi e Vittoria Faro. Regia di Alessandro Berdini.
“Una lontana fedeltà” di Paolo Fallai – Teatro Due – Roma, 2013
- Scene di Lorenzo Ciccarelli, costumi di Daria Calvelli. Luci di Danilo Facco. Con Edoardo Siravo, Giulia andò, Giulia Innocenti, Alexandra Mogos, Claudia Salvatore, voce Rossana Colace, pianoforte Lucio Perotti. Regia di Alessandro Berdini